28/10/2024

RITORNO AL PRESENTE: il comportamento della mente

Quando ho iniziato a praticare yoga, il primo importante esercizio che ho fatto è stato quello di imparare ad osservare il comportamento della mia mente. Osservare, come un testimone esterno, la valanga inesauribile di pensieri che si accavallano e che, a volte ossessivamente, giudicano, progettano, litigano, si contraddicono, trovando soluzioni controverse.

La mente è un organo in continuo movimento indipendente da una coscienza oggettiva (leggi anche questo articolo per approfondire). Questo movimento incessante è spesso frustrante, perché raramente porta a conclusioni e, più spesso, porta a reazioni che non desideriamo veramente.
La paura, l’invidia, l’odio, la violenza, l’attaccamento, il desiderio, tutto nasce dalla frustrazione dei pensieri che la nostra mente produce andando a pescare nei cassetti della memoria dell’esperienza diretta o indotta.
Non possiamo fermare questo movimento naturale, ma possiamo disciplinarlo!

yogaś cittavttinirodhah – “Lo yoga è la cessazione degli stati mutevoli della mente”
Yoga Sutra 1.2

Lo yoga come disciplina per la mente

Questo è Yoga: quella condizione in cui la mente diventa disciplinata e la coscienza consapevole.
In assenza di fluttuazioni mentali, viene rivelata la vera gioia!

Ogni essere umano vuole vivere felice, il problema è che cerchiamo la felicità esternamente a noi stessi, cerchiamo la felicità desiderando ciò che non abbiamo e immaginiamo ci serva per essere felici!
Confondiamo la gioia interiore stabile e radicata, con la felicità effimera dell’attimo fuggente!

Ciò che davvero spaventa è l’assenza di certezze future: ci piacerebbe sapere come andrà a finire, l’incertezza è la frustrazione più grande, la paura di perdere ciò che abbiamo e di non ottenere ciò che desideriamo ci proietta costantemente nel futuro!

Accade che, nell’attesa che le cose della vita prendano il corso desiderato, passi il tempo, fino ad esaurirsi!

Rimpianti e rimorsi per ciò che non abbiamo o abbiamo fatto, nostalgie di istanti felici e ipotesi per cambiare il futuro, tutto questo rimbalzare tra passato e futuro ci porta unicamente a dimenticare il presente! Eppure, tutto ciò che possediamo veramente è il momento presente, l’istante, dove tutto veramente è. Fare per il piacere di fare e non per cercare un risultato.

Questo ovviamente non significa dimenticarsi di pianificare il futuro, ma significa pianificare il futuro dimenticando le aspettative, coscienti che tutto è in continuo movimento, tutto muta a prescindere dalla nostra volontà e non significa nemmeno dimenticare il passato, ma cercare il più possibile di non vivere nella nostalgia o nelle costrizioni delle esperienze passate.

Ma cosa c’entra tutto questo con la pratica dello yoga sul tappetino?

Stare sul tappetino è una palestra per la mente e il corpo è uno strumento che possiamo comprendere perché è tangibile, esiste, si fa sentire!

I principi fondamentali della pratica possono essere applicati ogni volta che mettiamo i nostri piedi sul tappetino da yoga, uno spazio limitato e sicuro che ci permette di osservare ciò che accade e come accade, liberandoci dal giudizio e allenando l’ascolto cosciente.

I pilastri dello yoga, la pratica cosante e il distacco, le regole di comportamento, yama e niyama, primo fra tutti Ahiṃsā, non nuocere nei pensieri, nelle parole e nelle azioni, sono strumenti che possiamo utilizzare per migliorare la nostra consapevolezza.

“Non voglio pacificare tutto, voglio esplorare la realtà anche quando fa male, voglio la verità di me.” Chandra Livia Candiani – il silenzio è cosa viva –.

A mio parere, la parola d’ordine è OSSERVARE, prestare attenzione, non cedere a distrazioni esterne: come mi sento sul tappetino? Scelgo di non nuocere? Invidio chi è più “bravo”? Mi sento superiore o inferiore ai miei compagni di pratica? Mi annoio? Penso a quello che devo fare dopo o sono pienamente presente?

Fondamentale è l’assenza di giudizio, saper accogliere e osservare ogni sensazione e emozione, imparare a sentire come reagiamo agli stimoli e andare sempre più in profondità: dove sono radicate le mie reazioni? In che meandro della memoria? In quale schema educativo? Quale ferita mi porto addosso?

Ci vuole un po’ di coraggio per indagare il momento presente, per indagare il proprio sentire, per osservare le proprie reazioni.

Vivere il momento presente non dà via di scampo, ci obbliga ad accettare anche le nostre sfumature peggiori, ci rivela la nostra meschinità e ci apre alla possibilità di attuare un vero cambiamento interiore che possa affondare radici profonde nell’etica, nell’amore, nell’esercizio della bontà!

Inizia tutto da noi stessi, inizia tutto quando diventiamo compassionevoli verso le nostre fragilità, quando scegliamo di rimanere saldi nella gentilezza, nella bontà, nell’amore che non chiede nulla in cambio.

Pensate quale risultato si potrebbe ottenere se ogni essere umano vivesse nel principio di Ahiṃsā?

Questa è l’unica vera rivoluzione, l’atto politico e etico che ognuno di noi può realizzare per cambiare veramente il mondo, o almeno il proprio universo.

La vera gioia la si ottiene uscendo dall’attaccamento, una volta ottenuta questa stabilità del cuore, svanisce la frustrazione.