26/04/2023

COME FUNZIONA LA NOSTRA MENTE?

Come funziona l’organo mente/cervello che produce pensieri per suo conto e riesce ad influenzare le nostre scelte e, a volte, a rovinare momenti gioiosi?

“Nihil inimicius quam sibi ipse” nulla ci è di più nemico di noi stessi (Cicerone)

Ce lo diceva già Cicerone che a volte siamo noi stessi a disseminare il nostro cammino di inutili ostacoli.
Nella mia esperienza di insegnante mi è capitato spesso di osservare la reazione degli allievi durante la pratica: non sono capace, scusa ho sbagliato, non mi verrà mai, lo yoga non fa per me perché non sono flessibile, questa posizione non la posso fare perché ho le gambe corte…

Nella maggior parte dei casi sono pensieri che non riguardano la pratica, ma la paura che abbiamo di farci vedere fragili, non perfetti. Imbarazzo, timore di sbagliare, un sacco di sentimenti che non servono a nulla se non a farci sentire inadeguati inutilmente.
Esprimiamo una falsa percezione: pensiamo di dover piacere all’insegnante, agli altri allievi, di dover aderire il più possibile ad un’immagine ideale di noi stessi che abbiamo costruito nella nostra testa.

L’ansia da competizione continua, l’inseguimento di una ipotetica perfezione, la paura del giudizio altrui e la vergogna del non sentirsi mai abbastanza “corrispondenti”!
Ma corrispondenti a cosa se non ad un pregiudizio che ci si è formato nella mente?
Pensiamo di sapere che cosa pensano e desiderano vedere gli altri di noi!

Come e dove nascono i pensieri?

“Gli uomini dovrebbero sapere che da nient’altro se non dal cervello vengono

la gioia e i piaceri, il riso e i divertimenti e i dispiaceri, le miserie, l’arroganza

e i lamenti. E attraverso di esso in modo speciale acquistiamo saggezza e

 conoscenza, e vediamo e sentiamo e sappiamo cosa è bello e cosa è giusto,

cosa è male e cosa è bene e cosa è dolce e cosa è insipido… e attraverso lo

stesso organo diventiamo furiosi e matti e le paure e i terrori ci assalgono…”

V se. a.C. Ippocrate (Sulla malattia sacra).

Il cervello funziona grazie ai neuroni, circa 100 miliardi, che sono cellule che generano impulsi elettrici per comunicare.
Queste cellule speciali rilasciano sostanze chimiche, neurotrasmettitori, che generano impulsi elettrici nelle cellule vicine e questi segnali si propagano come un’onda.
Gli stimoli esterni generano reazioni che innescano il processo della memoria, ciò che ci accade viene memorizzato e l’atto di ricordare è innescare gli impulsi memorizzati, grazie al sistema di connessione molto complesso delle sinapsi.

Così si creano i pensieri, almeno sembra, perché ancora non si hanno tutte le informazioni necessarie.

Per esempio, ci sono degli studi recenti che sfatano l’ipotesi secondo cui i neuroni in età adulta non si rigenerano, insomma ne sappiamo ancora poco. In ogni caso, semplificando veramente ai minimi termini, le nostre esperienze vengono registrate come impulsi elettrici e l’azione del ricordare è attivare questi impulsi.

Sembra però che ciò che memorizziamo sia estremamente personalizzato, ovvero ricordiamo le cose come noi le abbiamo percepite.

Provate ad immagina quante cose influenzano continuamente i nostri ricordi e soprattutto come il contesto culturale in cui cresciamo, crea una serie di tasselli della memoria che possiamo tranquillamente definire pregiudizi, ovvero giudizi confezionati prima da qualcun altro e imparati nel corso della vita tramite l’ascolto, l’educazione, gli incontri che facciamo e gli insegnamenti che riceviamo.

Cos’è il pensiero critico?

Ovvero, siamo veramente in grado di formulare dei pensieri totalmente indipendenti e liberi dal preconcetto?

“Se ci arrabbiamo, questa emozione lascia un’impronta nel nostro sub-conscio.
La prossima volta che ci troveremo in una situazione simile la nostra mente la confronterà
con le informazioni accumulate dal passato, ed in quel caso il sub-conscio le dirà di arrabbiarsi di nuovo.”
Gregor Maehle – dal suo libro Ashtanga yoga

L’essere umano non ha mai smesso di indagare il pensiero, come funziona, se esiste l’anima, ovvero quella scintilla non corrotta dall’esperienza della vita e di per sé perfetta. Nello Yoga Sutra, testo di riferimento per la filosofia yoga, Patanjali ha ben spiegato la mente e soprattutto come funziona e quali siano i meccanismi inconsci che portare il dolore nella nostra vita.

Ce lo dice subito, a scanso di equivoci, nel secondo e terzo aforisma del primo capitolo:

“Lo yoga è la cessazione delle fluttuazioni (Vṛtti) della mente”.

“Quando avviene questa cessazione, colui che osserva (il praticante) risiede nella propria vera natura/essenza”.

Ci dice poi che se questo non accade, restiamo immersi nelle innumerevoli fluttuazioni dell’organo mente con cui tendiamo a identificarci. Che fatica!!!

Iniziamo con il dire che per Patanjali la mente non ha niente a che vedere con la nostra vera essenza: la mente è parte del mondano e ci serve proprio per poter agire e reagire nel mondo fenomenico.

Questo agire e reagire crea una sorta di “ruota del criceto” che continua a confonderci e a provocare altre reazioni che imprimono solchi/impressioni nella memoria e reazioni, reagire significa agire indietro, inconsce difficili da individuare; Infatti, la traduzione di Vṛtti è anche attività circolare senza inizio né fine.

Dopo averci presentato cos’è lo yoga nel suo risultato, ovvero la cessazione delle fluttuazioni della mente, segue l’esposizione di cos’è lo yoga come metodo per raggiungere il risultato: Yoga come fine e mezzo al contempo.

Ci racconta che le fluttuazioni sono di cinque tipi (sutra1.6): conoscenza corretta, errore, immaginazione, sonno profondo e memoria. La mente umana si trova sempre in uno di questi cinque stati.

La percezione corretta può verificarsi per esperienza personale (tocco la pentola che è sul fuoco, è calda), attraverso i cinque sensi, per ragionamento logico o deduzione (inferenza) (la pentola è sul fuoco, la pentola è calda oppure: posso dedurre che ci sia un fuoco dalla presenza di fumo) e per testimonianza verbale di qualcuno che è informato della cosa (attenzione, ho toccato la pentola sul fuoco ed è calda).

L’errore è conoscenza falsa basata sull’apprendimento non corretto di qualcosa.

L’immaginazione consiste nell’uso di parole prive di un oggetto effettivo, per esempio le metafore (es. il tempo vola).

Il sonno profondo è quello stato mentale basato sull’assenza, al tempo stesso però l’esperienza del sonno ha testimonianza mentale; infatti, ricordiamo se abbiamo dormito bene o male.

La memoria è trattenere immagini degli oggetti dei sensi di cui si è fatta esperienza. I ricordi nascono e dipendono dalle altre fluttuazioni già descritte.

Possiamo in estrema sintesi dire quindi che la mente, funziona proprio come una macchina, gli stimoli che vengono avvertiti dagli organi di senso diventano l’esperienza.
L’esperienza viene registrata nel cassetto della memoria, impressa come un solco e pronta all’uso al momento opportuno, ovvero quando si ripresenterà lo stimolo adeguato.
Sembra tutto così schematico: impariamo dall’esperienza, da ciò che ci circonda, dalla cultura in cui siamo immersi, dagli stimoli sensoriali continui che non sempre percepiamo coscientemente!
Abbiamo solchi che non sappiamo di avere e che a fatica sappiamo riconoscere.
Frustrazione, desiderio, gioia,  attaccamento, repulsione, rabbia, paura, risentimento, inadeguatezza, sono tutte reazioni a stimoli che risvegliano determinati solchi che provocano determinate reazioni!

E quindi? Siamo in grado di pensare con la nostra testa o semplicemente ci muoviamo in base agli stimoli tirando fuori dal cassetto della memoria?

Esiste l’anima? Lo spirito? La coscienza?

Beh, per la filosofia Yoga sì!
La nostra vera essenza, ciò che non muta perché è perfetto così com’è e non è contaminato dal mondano ed è proprio questo l’obiettivo della pratica, ritornare alla nostra vera essenza.

Esiste, secondo la filosofia yoga, un Errore primario, l’origine di ogni frustrazione e dolore, si chiama avidyâ, traducibile con ignoranza, ma non ignoranza scolastica, bensì ignoranza intesa come una sorta di falsa identificazione: ci identifichiamo con il mondano e con i nostri pensieri anziché con la nostra vera essenza. Cosa possiamo fare per poter “isolare” la nostra mente e accompagnare noi stessi in profondità così da cogliere la “scintilla incorrotta”?

Due sono i pilastri dello yoga: la pratica costante e il distacco. A me piace pensare che in realtà sia la pratica costante del distacco!

Il distacco crea spazio tra azione e reazione, lo dico spesso e per me è come un mantra, quando prendiamo distanza da cose, pensieri, azioni, abbiamo il tempo di decidere se agire e come agire.

L’azione ponderata, il pensiero che nasce dalla riflessione, la sospensione dal giudizio, la capacità di lasciar accadere le cose e di accettarle per ciò che sono, distrae la scimmia salterina che è la nostra mente e ci dona calma, la giusta calma.

E’ chiaro che ciò che ci racconta Patanjali nello Yoga Sutra è molto più complesso di così, è però anche vero che il suo testo è stato scritto per gli asceti, per i rinuncianti, per coloro che sono alla ricerca dell’anima in un  silenzio totale, completamente estranei al mondano e a tutto ciò che comporta vivere immersi nel mondo.

E per noi comuni mortali?

Per noi comuni mortali sono disponibili tanti strumenti diversi per allenare la nostra mente/cervello al distacco: la meditazione, la pratica degli asana e del pranayama, l’esercizio della pazienza e dell’amore incondizionato verso sé stessi e verso tutto ciò che ci circonda nel rispetto di ciò che siamo ma anche di ciò che sono gli altri.

La mente mente! Per arrivare alla pace interiore, bisogna usare il cuore!

Sembra una frase da cioccolatini, ma ha una sua profondità: significa imparare a sentire, a percepire, guardare alle cose, a noi stessi e a ciò che ci circonda con compassione, empatia, attenzione e soprattutto senza giudicare!

Il giudizio è una fregatura, crea continuamente il paragone tra giusto e sbagliato senza tenere conto delle circostanze. Paragonare ci porta a confrontare noi stessi con ciò che incontriamo o dobbiamo fare e qui nascono tutti quei sentimenti di cui ho parlato all’inizio e da cui è scaturito questo articolo. La libertà dal pre-giudizio che ci condiziona è un duro lavoro, la pratica del distacco è il primo passo!

Il cervello/mente è lo strumento per arrivare al cuore, la buona notizia è che possiamo imparare ad utilizzarlo!

 

Il Cervello – è più esteso del Cielo –

Perché – mettili fianco a fianco –

L’uno l’altro conterrà

Con facilità – e Te – in aggiunta –

Il Cervello è più profondo del mare –

Perché – tienili – Azzurro contro Azzurro –

L’uno l’altro assorbirà –

Come le Spugne – i Secchi – assorbono –

Il Cervello ha giusto il peso di Dio –

Perché – Soppesali – Libbra per Libbra –

Ed essi differiranno – se differiranno –

Come la Sillaba dal Suono –

Emily Dickinson